Da Arcipelago Milano un estratto dell'articolo di Alessandra Tami la cui sintesi è benefici in teoria ma più tasse per tutti.
"Tuttavia un punto critico del progetto è l’analisi costi benefici.
La descrizione del progetto con i calcoli costi/benefici è pubblicato
sul sito del Comune. Di fronte a spese (uscite) di circa 150 milioni di
euro, il modellino presentato prevede benefici per 200 milioni di euro.
Bellissimo, ma c’è un ma: quei 200 milioni sono la stima per gli
analisti dell’incremento di valore dei beni urbani nella zona di
riapertura dei navigli!
La prima questione è comprendere se il confronto fra uscite di cassa
certe, collegate ai costi da sostenere per realizzare i manufatti
necessari per consentire la riapertura dei canali, con i benefici solo
in termini di incrementi di valore, quindi incrementi patrimoniali,
diversi da entrate di cassa, collegati all’ipotesi che il valore
immobiliare aumenti del 2%, sia corretto.
La logica chiede di confrontare oneri e proventi che interessano
tutti i cittadini che pagano le tasse a Milano e quindi interessati al
Naviglio come “bene comune”. Quindi sarebbe meglio fare un’analisi
uscite/entrate, perché i benefici legati solo a incrementi di valore, se
non monetizzati, non si trasformano in risorse effettive in entrata per
la copertura delle spese (costi), che invece sono totalmente uscite
effettive.
Due osservazioni:
a) l’incremento di valore immobiliare è solo nominale: probabilmente
quei beni urbani, abitazioni e uffici, per i disagi di non poter più
insistere su strade di facile accesso e per il fastidio di…puzza, topi e
zanzare probabilmente perderanno di valore, come già è successo in
passato. Il valore delle case è aumentato quando il naviglio è stato
chiuso!
b) Per monetizzare tale incremento di valore, si pensa a una tassa straordinaria sull’incremento di valore dei beni immobili?
Si prevede che il Comune adeguerà immediatamente le rendite
catastali, in modo da avere un incremento di gettito per l’IMU? Quindi
più tasse per chi abita nella zona Navigli? L’osservazione che quindi
deriva che siamo di fronte a costi pubblici e benefici solo privati, e
che forse l’analisi costi/benefici così come impostata vada rivista
pesantemente."
mercoledì 31 ottobre 2018
sabato 6 ottobre 2018
Aspetti idraulici, ing. Alessandro Paoletti
ASPETTI
IDRAULICI
(a
cura di Alessandro Paoletti)
I
principali aspetti idraulici inerenti lo STUDIO DI FATTIBILITÀ PER
LA RIAPERTURA DEI NAVIGLI MILANESI NELL’AMBITO DELLA RIATTIVAZIONE
DEL SISTEMA COMPLESSIVO DEI NAVIGLI E DELLA SUA NAVIGABILITÀ (qui di
seguito per brevità STUDIO RIAPERTURA NAVIGLI) sono:
-
Separazione delle acque provenienti dal Naviglio Martesana da quelle del Seveso e loro convogliamento da via Melchiorre Gioia alla Darsena;
-
Effetti sull’attenuazione del livello di rischio di allagamenti della città per esondazioni del F. Seveso;
-
Aspetti inerenti la navigabilità del proposto Naviglio da Cassina de’ Pomm alla Darsena;
-
Aspetti idraulici territoriali di scala ampia.
-
La navigabilità turistica Lago Maggiore - Ticino - Milano – Ticino - Po - Adriatico
-
L’intervento di riconnessione dell’Olona con l’Olona Inferiore e il F. Po.
-
Separazione delle acque provenienti dal Naviglio Martesana da quelle del Seveso e loro convogliamento da via Melchiorre Gioia alla Darsena
È
condivisibile la proposta di separare le acque della Martesana da
quelle del Seveso che oggi si uniscono in via Melchiorre Gioia per
poi attraversare insieme Milano da nord a sud nella galleria
idraulica che da via Melchiorre Gioia giunge alla cerchia delle mura
spagnole, percorrendola fino a Porta Romana e corso Lodi, per poi
fuoriuscire da Milano come canale Redefossi. Infatti la separazione e
canalizzazione indipendente della Martesana fino alla Darsena
determinerebbe la possibilità di migliorare e vivificare la qualità
delle acque della Darsena e contemporaneamente di incrementare sia
pure di poco la disponibilità irrigua nel Naviglio Pavese.
È
anche condivisibile la richiesta più volte espressa dalla
cittadinanza e da prestigiose Associazioni culturali di riattivare
con acqua fluente in continuo le antiche e storiche Conche
dell’Incoronata e di Viarenna.
Ed
è quindi condivisibile l’ipotesi di un progetto che, unificando i
due suddetti obiettivi, convogli l’acqua della Martesana da via
Melchiorre Gioia fino al Ponte delle Gabelle e alla Conca
dell’Incoronata e poi, attraversata Milano, raggiunga la Conca di
Viarenna e quindi la Darsena.
Ma
è importante sottolineare come questo duplice obiettivo possa essere
raggiunto anche con altre ipotesi progettuali più agili, meno
impattanti e costose di quella elaborata finora nello STUDIO
RIAPERTURA NAVIGLI. Ipotesi alternative che avrebbero potuto essere
valutate nell’ambito di uno studio di fattibilità realmente teso
al confronto tra soluzioni diverse.
Una
di tali ipotesi, che peraltro sarebbe da approfondire e studiare nel
dettaglio, prevede di riattivare con l’acqua della Martesana
l’antica via d’acqua costituita dal Grande Sevese, antico corso
d’acqua di epoca romana che esiste ancora attraverso Milano, come
attestato da molteplici documenti (ad esempio: Gentile e al.1,
Brown2,
Macis3).
Pertanto, non la riapertura di navigli oggi sepolti, ma la
riattivazione del Grande Sevese e dei due prestigiosi tratti delle
conche dell’Incoronata e di Viarenna ancora esistenti a cielo
aperto e oggi mantenuti tristemente in secco.
L’ipotesi,
che può anche considerarsi come un sotto-sotto insieme della
proposta dello STUDIO RIAPERTURA NAVIGLI, è sinteticamente indicata
nella Figura 1 che riporta la nota planimetria storica dei corsi
d’acqua milanesi nel 1870, con alcune note e aggiunte.
Questa
ipotesi consiste in
-
costruire il nuovo tubo lungo Melchiorre Gioia per separare l’acqua della Martesana da quella del Seveso (punti A – B dello schema): a prescindere dal diametro, su cui si ritorna più oltre, questo tubo è simile a quello del Progetto Navigli ma senza prevedere alcuna apertura di naviglio in Melchiorre Gioia;
-
il suddetto tubo terminerebbe in corrispondenza del Ponte delle Gabelle onde riattivare il tracciato ancora oggi aperto della Conca dell’Incoronata e poi fino a San Marco e alla confluenza nel Canale di via Borgonuovo (punti B – C dello schema) e quindi nel Grande Sevese (punti C – D dello schema);
-
il Grande Sevese trasferirebbe l’acqua lungo il suo attuale percorso fino a piazza Vetra (punti D – E - F dello schema) dove potrebbe rilasciare parte della portata in Vettabbia;
-
da piazza Vetra occorrerebbe riattivare il percorso sotterraneo fino al Naviglio del Vallone (punti F – H dello schema) onde riattivare il tracciato ancora oggi aperto della conca di Viarenna e quindi ancora intubato fino alla confluenza in Darsena (punti H – I dello schema).
Ovviamente
la valutazione di questa ipotesi alternativa richiede molti
approfondimenti conoscitivi, quali ad esempio:
-
caratteristiche strutturali e idrauliche dei suddetti canali ancora esistenti e della loro capacità di accettare e convogliare una nuova portata in sicurezza e senza dispersioni in falda (la dispersione in falda è da evitare per i noti problemi di risalita piezometrica);
-
stima della portata di Martesana compatibile con questo percorso, anche prevedendo interventi riabilitativi atti a risolvere eventuali singolarità; di qui anche la definizione del diametro del tubo A – B;
-
soluzioni idrauliche e architettoniche percorribili per evitare con impermeabilizzazioni che l’acqua si disperda in falda percolando dalle due Conche dell’Incoronata e di Viarenna oggi mantenute in secco (come capitò quando si tentò di immettere acqua da pozzi nella Conca dell’Incoronata).
1
Gentile A., Brown M., Spadoni G., Viaggio nel sottosuolo di
Milano tra acque e canali segreti, Edizione a cura del Comune di
Milano, Milano, 1990
2
Brown M., Ipotesi per la riapertura della fossa interna,
marzo 2012
3
Macis G., I canali di Milano, I e II parte, Vecchia Milano,
2011.
lunedì 1 ottobre 2018
quaderno 35: OSSERVAZIONI PER UN RAGIONATO NO
Premessa
Il
dibattito in corso sulla cosiddetta “riapertura” dei navigli
esercita un fascino suadente e illusorio perché fa
pensare ad un’esperienza di riscoperta, di scavo archeologico e di
conseguente recupero a nuova vita di beni che, nel tempo, sono stati
sottratti alla città da politiche poco lungimiranti.
La
mistificazione «è di casa nell’urbanistica moderna. Nel secolo
scorso obiettivi come il risanamento igienico e l’efficienza
viabilistica hanno fatto velo sulle vere finalità dei piani
urbanistici. Se nei bombardamenti della Seconda guerra mondiale
Milano ha perso un quarto dell’edificato, in nome dell’igiene e
dell’accessibilità automobilistica la città ha conosciuto altre
due guerre in tempo di pace: quella ingaggiata dal piccone demolitore
mussoliniano e poi quella condotta dal rinnovamento urbano degli anni
della ricostruzione e del boom economico (quando si portavano a
esecuzione molti dei piani messi a punto negli anni del fascismo)»
(G. Consonni, “Dove è andata Milano. Dove andrà?”, in
ArcipelagoMilano, 9 gennaio 2018).
Il
progetto non ha nulla a che vedere con il recupero della propria
storia, concerne solo uno scavo nuovo, una reinvenzione:
la simulazione di un tracciato antico.
Nella
sua “Lettera aperta agli ‘scoperchiatori facili’ dei Navigli”
Gianni Beltrame osserva che «la questione della progressiva […]
copertura del Naviglio, non può essere capita se non la si pone in
relazione con la comprensione e la conoscenza della contemporanea
crisi e decadenza del complessivo sistema di trasporto dei Navigli
storici che la accompagna e della nascente ricerca di nuove
alternative di trasporto e di assetto urbano. […]»;
occorre, continua Beltrame «fare i conti, prima di lanciarsi
in azzardate ipotesi di rilancio della navigazione di trasporto, con
il significato e la portata della decadenza di questo decaduto e
perduto sistema. Mentre rimangono tuttora ancora aperte, urgenti e
ricche di potenzialità operative tutte possibilità di recupero per
i Navigli esterni sopravvissuti».
Il
progetto proposto appare come una inutile forzatura
che si limita ad inserire un manufatto diventato assolutamente fuori
contesto per le mutate condizioni al contorno: è del tutto evidente
infatti che la monumentalità dei navigli non sia riconducibile solo
alla loro essenza di manufatti per lo scorrimento delle acque, la
pertinenza idraulica, ma vada considerata nella sua interezza, ovvero
nella sua unità formale- funzionale storico-urbanistica.
Per
quanto sopra una tale operazione risulta culturalmente, storicamente,
urbanisticamente e perfino filologicamente senza fondamento.
Un
esempio emblematico potrebbe essere proprio dato dalla tratta di via
Melchiorre Gioia, dove oggi il naviglio Martesana restituito “en
plen air” si troverebbe a relazionarsi con un edificato alquanto
vario, non sempre gradevole e di certo non formalmente né
funzionalmente collegato a quella storia.
Sicché
la motivazione di una onerosa riapertura dei canali della Fossa
interna non può certo essere reperita nell’intento quasi romantico
di ripristinare, attraverso un segno d’acqua, un dialogo con un
paesaggio oggi in gran parte non più esistente, ed occorre semmai
cercarla altrove. Mettendo definitivamente da parte le seduzioni
facili dei pregevoli dipinti di Inganni, Migliara, Carcano e simili e
i richiami ai contenuti tra “poesia e immagini storiche come
elementi di riferimento per la comunicazione del progetto”.
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