mercoledì 31 ottobre 2018

Costi certi, benefici teorici

Da Arcipelago Milano un estratto dell'articolo di Alessandra Tami la cui sintesi è  benefici in teoria ma più tasse per tutti.

"Tuttavia un punto critico del progetto è l’analisi costi benefici.
La descrizione del progetto con i calcoli costi/benefici è pubblicato sul sito del Comune. Di fronte a spese (uscite) di circa 150 milioni di euro, il modellino presentato prevede benefici per 200 milioni di euro. Bellissimo, ma c’è un ma: quei 200 milioni sono la stima per gli analisti dell’incremento di valore dei beni urbani nella zona di riapertura dei navigli!
La prima questione è comprendere se il confronto fra uscite di cassa certe, collegate ai costi da sostenere per realizzare i manufatti necessari per consentire la riapertura dei canali, con i benefici solo in termini di incrementi di valore, quindi incrementi patrimoniali, diversi da entrate di cassa, collegati all’ipotesi che il valore immobiliare aumenti del 2%, sia corretto.
La logica chiede di confrontare oneri e proventi che interessano tutti i cittadini che pagano le tasse a Milano e quindi interessati al Naviglio come “bene comune”. Quindi sarebbe meglio fare un’analisi uscite/entrate, perché i benefici legati solo a incrementi di valore, se non monetizzati, non si trasformano in risorse effettive in entrata per la copertura delle spese (costi), che invece sono totalmente uscite effettive.
Due osservazioni:
a) l’incremento di valore immobiliare è solo nominale: probabilmente quei beni urbani, abitazioni e uffici, per i disagi di non poter più insistere su strade di facile accesso e per il fastidio di…puzza, topi e zanzare probabilmente perderanno di valore, come già è successo in passato. Il valore delle case è aumentato quando il naviglio è stato chiuso!
b) Per monetizzare tale incremento di valore, si pensa a una tassa straordinaria sull’incremento di valore dei beni immobili?
Si prevede che il Comune adeguerà immediatamente le rendite catastali, in modo da avere un incremento di gettito per l’IMU? Quindi più tasse per chi abita nella zona Navigli? L’osservazione che quindi deriva che siamo di fronte a costi pubblici e benefici solo privati, e che forse l’analisi costi/benefici così come impostata vada rivista pesantemente."






sabato 6 ottobre 2018

Aspetti idraulici, ing. Alessandro Paoletti



ASPETTI IDRAULICI
(a cura di Alessandro Paoletti)
I principali aspetti idraulici inerenti lo STUDIO DI FATTIBILITÀ PER LA RIAPERTURA DEI NAVIGLI MILANESI NELL’AMBITO DELLA RIATTIVAZIONE DEL SISTEMA COMPLESSIVO DEI NAVIGLI E DELLA SUA NAVIGABILITÀ (qui di seguito per brevità STUDIO RIAPERTURA NAVIGLI) sono:
  1. Separazione delle acque provenienti dal Naviglio Martesana da quelle del Seveso e loro convogliamento da via Melchiorre Gioia alla Darsena;
  2. Effetti sull’attenuazione del livello di rischio di allagamenti della città per esondazioni del F. Seveso;
  3. Aspetti inerenti la navigabilità del proposto Naviglio da Cassina de’ Pomm alla Darsena;
  4. Aspetti idraulici territoriali di scala ampia.
  • La navigabilità turistica Lago Maggiore - Ticino - Milano – Ticino - Po - Adriatico
  • L’intervento di riconnessione dell’Olona con l’Olona Inferiore e il F. Po.


  1. Separazione delle acque provenienti dal Naviglio Martesana da quelle del Seveso e loro convogliamento da via Melchiorre Gioia alla Darsena
È condivisibile la proposta di separare le acque della Martesana da quelle del Seveso che oggi si uniscono in via Melchiorre Gioia per poi attraversare insieme Milano da nord a sud nella galleria idraulica che da via Melchiorre Gioia giunge alla cerchia delle mura spagnole, percorrendola fino a Porta Romana e corso Lodi, per poi fuoriuscire da Milano come canale Redefossi. Infatti la separazione e canalizzazione indipendente della Martesana fino alla Darsena determinerebbe la possibilità di migliorare e vivificare la qualità delle acque della Darsena e contemporaneamente di incrementare sia pure di poco la disponibilità irrigua nel Naviglio Pavese.
È anche condivisibile la richiesta più volte espressa dalla cittadinanza e da prestigiose Associazioni culturali di riattivare con acqua fluente in continuo le antiche e storiche Conche dell’Incoronata e di Viarenna.
Ed è quindi condivisibile l’ipotesi di un progetto che, unificando i due suddetti obiettivi, convogli l’acqua della Martesana da via Melchiorre Gioia fino al Ponte delle Gabelle e alla Conca dell’Incoronata e poi, attraversata Milano, raggiunga la Conca di Viarenna e quindi la Darsena.
Ma è importante sottolineare come questo duplice obiettivo possa essere raggiunto anche con altre ipotesi progettuali più agili, meno impattanti e costose di quella elaborata finora nello STUDIO RIAPERTURA NAVIGLI. Ipotesi alternative che avrebbero potuto essere valutate nell’ambito di uno studio di fattibilità realmente teso al confronto tra soluzioni diverse.
Una di tali ipotesi, che peraltro sarebbe da approfondire e studiare nel dettaglio, prevede di riattivare con l’acqua della Martesana l’antica via d’acqua costituita dal Grande Sevese, antico corso d’acqua di epoca romana che esiste ancora attraverso Milano, come attestato da molteplici documenti (ad esempio: Gentile e al.1, Brown2, Macis3). Pertanto, non la riapertura di navigli oggi sepolti, ma la riattivazione del Grande Sevese e dei due prestigiosi tratti delle conche dell’Incoronata e di Viarenna ancora esistenti a cielo aperto e oggi mantenuti tristemente in secco.
L’ipotesi, che può anche considerarsi come un sotto-sotto insieme della proposta dello STUDIO RIAPERTURA NAVIGLI, è sinteticamente indicata nella Figura 1 che riporta la nota planimetria storica dei corsi d’acqua milanesi nel 1870, con alcune note e aggiunte.
Questa ipotesi consiste in
  • costruire il nuovo tubo lungo Melchiorre Gioia per separare l’acqua della Martesana da quella del Seveso (punti A – B dello schema): a prescindere dal diametro, su cui si ritorna più oltre, questo tubo è simile a quello del Progetto Navigli ma senza prevedere alcuna apertura di naviglio in Melchiorre Gioia;
  • il suddetto tubo terminerebbe in corrispondenza del Ponte delle Gabelle onde riattivare il tracciato ancora oggi aperto della Conca dell’Incoronata e poi fino a San Marco e alla confluenza nel Canale di via Borgonuovo (punti B – C dello schema) e quindi nel Grande Sevese (punti C – D dello schema);
  • il Grande Sevese trasferirebbe l’acqua lungo il suo attuale percorso fino a piazza Vetra (punti D – E - F dello schema) dove potrebbe rilasciare parte della portata in Vettabbia;
  • da piazza Vetra occorrerebbe riattivare il percorso sotterraneo fino al Naviglio del Vallone (punti F – H dello schema) onde riattivare il tracciato ancora oggi aperto della conca di Viarenna e quindi ancora intubato fino alla confluenza in Darsena (punti H – I dello schema).
Ovviamente la valutazione di questa ipotesi alternativa richiede molti approfondimenti conoscitivi, quali ad esempio:
  • caratteristiche strutturali e idrauliche dei suddetti canali ancora esistenti e della loro capacità di accettare e convogliare una nuova portata in sicurezza e senza dispersioni in falda (la dispersione in falda è da evitare per i noti problemi di risalita piezometrica);
  • stima della portata di Martesana compatibile con questo percorso, anche prevedendo interventi riabilitativi atti a risolvere eventuali singolarità; di qui anche la definizione del diametro del tubo A – B;
  • soluzioni idrauliche e architettoniche percorribili per evitare con impermeabilizzazioni che l’acqua si disperda in falda percolando dalle due Conche dell’Incoronata e di Viarenna oggi mantenute in secco (come capitò quando si tentò di immettere acqua da pozzi nella Conca dell’Incoronata).


1 Gentile A., Brown M., Spadoni G., Viaggio nel sottosuolo di Milano tra acque e canali segreti, Edizione a cura del Comune di Milano, Milano, 1990
2 Brown M., Ipotesi per la riapertura della fossa interna, marzo 2012
3 Macis G., I canali di Milano, I e II parte, Vecchia Milano, 2011.

lunedì 1 ottobre 2018

quaderno 35: OSSERVAZIONI PER UN RAGIONATO NO


Premessa

Il dibattito in corso sulla cosiddetta “riapertura” dei navigli esercita un fascino suadente e illusorio perché fa pensare ad un’esperienza di riscoperta, di scavo archeologico e di conseguente recupero a nuova vita di beni che, nel tempo, sono stati sottratti alla città da politiche poco lungimiranti.
La mistificazione «è di casa nell’urbanistica moderna. Nel secolo scorso obiettivi come il risanamento igienico e l’efficienza viabilistica hanno fatto velo sulle vere finalità dei piani urbanistici. Se nei bombardamenti della Seconda guerra mondiale Milano ha perso un quarto dell’edificato, in nome dell’igiene e dell’accessibilità automobilistica la città ha conosciuto altre due guerre in tempo di pace: quella ingaggiata dal piccone demolitore mussoliniano e poi quella condotta dal rinnovamento urbano degli anni della ricostruzione e del boom economico (quando si portavano a esecuzione molti dei piani messi a punto negli anni del fascismo)» (G. Consonni, “Dove è andata Milano. Dove andrà?”, in ArcipelagoMilano, 9 gennaio 2018).

Il progetto non ha nulla a che vedere con il recupero della propria storia, concerne solo uno scavo nuovo, una reinvenzione: la simulazione di un tracciato antico.
Nella sua “Lettera aperta agli ‘scoperchiatori facili’ dei Navigli” Gianni Beltrame osserva che «la questione della progressiva […] copertura del Naviglio, non può essere capita se non la si pone in relazione con la comprensione e la conoscenza della contemporanea crisi e decadenza del complessivo sistema di trasporto dei Navigli storici che la accompagna e della nascente ricerca di nuove alternative di trasporto e di assetto urbano. […]»; occorre, continua Beltrame «fare i conti, prima di lanciarsi in azzardate ipotesi di rilancio della navigazione di trasporto, con il significato e la portata della decadenza di questo decaduto e perduto sistema. Mentre rimangono tuttora ancora aperte, urgenti e ricche di potenzialità operative tutte possibilità di recupero per i Navigli esterni sopravvissuti».

Il progetto proposto appare come una inutile forzatura che si limita ad inserire un manufatto diventato assolutamente fuori contesto per le mutate condizioni al contorno: è del tutto evidente infatti che la monumentalità dei navigli non sia riconducibile solo alla loro essenza di manufatti per lo scorrimento delle acque, la pertinenza idraulica, ma vada considerata nella sua interezza, ovvero nella sua unità formale- funzionale storico-urbanistica.
Per quanto sopra una tale operazione risulta culturalmente, storicamente, urbanisticamente e perfino filologicamente senza fondamento.
Un esempio emblematico potrebbe essere proprio dato dalla tratta di via Melchiorre Gioia, dove oggi il naviglio Martesana restituito “en plen air” si troverebbe a relazionarsi con un edificato alquanto vario, non sempre gradevole e di certo non formalmente né funzionalmente collegato a quella storia.
Sicché la motivazione di una onerosa riapertura dei canali della Fossa interna non può certo essere reperita nell’intento quasi romantico di ripristinare, attraverso un segno d’acqua, un dialogo con un paesaggio oggi in gran parte non più esistente, ed occorre semmai cercarla altrove. Mettendo definitivamente da parte le seduzioni facili dei pregevoli dipinti di Inganni, Migliara, Carcano e simili e i richiami ai contenuti tra “poesia e immagini storiche come elementi di riferimento per la comunicazione del progetto”.